La caccia, l’ambiente, le mode, la realtà

Finalmente dopo tanti anni di abbandono delle campagne si è tornati ad apprezzare la ruralità, molti “cittadini” hanno trasferito le loro abitazioni in piccoli centri sparsi nelle nostre campagne ed abbiamo visto questi paesi rinnovarsi e rivitalizzarsi.
La vita in città o comunque fuori dagli schemi agricoli e rurali che hanno caratterizzato la nostra provincia ci ha fatto sottovalutare alcune problematiche che incontravano  i nostri nonni. La vita, era scandita dai ritmi degli animali, sia quelli di bassa corte sia quelli da lavoro o produzione che erano parte preponderante della economia familiare; i campi tenuti perfettamente, ordinati e curati nei minimi dettagli. In questo panorama, fatti grandi fatiche e sacrifici a volte qualcuno o qualcosa metteva a rischio un bene della famiglia ed ecco che si interveniva in tutti i modi possibili per risolvere il problema.
Detto così, sembra, arcano ed incomprensibile, cerco quindi di entrare nel merito di quanto voglio esprimere: se, ad esempio,  una volpe si avvicinava troppo ad un pollaio, subito il contadino si attivava per la sicurezza delle proprie galline ed allertava immediatamente l’amico cacciatore per togliere la volpe da quel territorio; si seguivano le tracce, si individuava la tana od il rifugio del predatore ed in collaborazione con il cacciatore si procedeva alla cattura di questo animale, la stessa cosa avveniva quando ad esempio le tane di alcuni animali quali la stessa volpe, tassi ed istrici mettevano a repentaglio la tenuta delle arginature sopraelevate dei fiumi.
La pulizia con cui veniva tenuta la campagna era già di per sé un buon deterrente alla presenza di questi animali: gli argini sempre ben falciati, i fossi puliti, la mancanza di rifiuti abbandonati come cibi, bidoni, taniche ecc. facevano sì che difficilmente trovassero rifugio nei nostri territori e la loro presenza era veramente esigua ed occasionale. Oggi con la problematica legata alla scarsità delle risorse economiche gli Enti preposti non eseguono più la sfalciatura degli argini come si dovrebbe ma, al massimo, un paio di volte all’anno con il risultato che tutti possono vedere: ampi canneti impenetrabili, distese di rovi per centinaia di metri ed erba alta per lunghissimi periodi. L’agricoltura industrializzata non ha più la cura e la dedizione per il dettaglio come quella dei nostri contadini, la campagna è sfruttata al massimo ed è divenuta una sorta di enorme “tagliere” ove vengono curate solo le parti produttive, il resto è pressoché in abbandono. Anche le colture, un tempo diversificate e separate in tanti piccoli appezzamenti oggi sono spesso monotipo ed occupano distese enormi senza soluzione di continuità. Tutto questo crea l’habitat ideale per molti animali che hanno colonizzato abbondantemente la campagna e di conseguenza argini e golene dei nostri fiumi creando zone ad altissimo rischio esondazione. Oggi, complice la voglia di natura che ha pervaso molti ex cittadini e non, abbiamo giustamente cercato di tutelare e proteggere alcune specie onde evitare eccessive campagne di contenimento che potevano danneggiarne il patrimonio in maniera irreversibile; giusto, anzi giustissimo ma come sempre “in medio stat virtus” occorre tutelare gli animali ma occorre tutelare anche le comunità sociali e la vita stessa delle persone: mi chiedo se sia più importante salvaguardare la vita di un tasso o la vita degli abitanti del paese accanto al fiume? Mi chiedo se sia più lecito catturare quell’animale in qualche modo o lasciare che la sua tana crei un punto debole, un cedimento dell’argine? Il mio parere personale è che gli animali hanno tutti i diritti a vivere ma anche noi abbiamo tutti i diritti di salvaguardare le nostre proprietà e la nostra vita; la convivenza è possibile lasciando che essi esistano in numeri compatibili con l’antropizzazione di alcune zone e soprattutto che la loro presenza non comporti pericolo per gli insediamenti umani.
Tassi, Istrici e Volpi possono crescere e riprodursi serenamente in tutti i territori montani e collinari, nelle zone vocate come parchi e riforestazioni ma è nostro dovere controllarne e limitarne la diffusione nelle zone golenali ed arginali dei fiumi, nelle vicinanze  dei corsi d’acqua che potrebbero esondare. Oppure siamo “ecologisti” ma  xenofobi. Oggi è molto di moda essere “ecologisti” ed “ambientalisti” ma spesso si trascende esasperando questa ammirevole opinione, generalizzando, senza conoscenza alcuna delle reali problematiche  del territorio. In quest’ultimo periodo ad esempio, sono stati proprio i cacciatori, data la loro connaturata conoscenza del territorio, che in simbiosi con Protezione Civile, Polizia Municipale e Provinciale, Regione (Servizio Tecnico Bacino Reno) ed Enti di gestione dei fiumi (Consorzi di Bonifica) hanno segnalato i punti di pericolo (buchi in argine creatisi causa tane di animali) agevolando il lavoro di messa in sicurezza delle zone a rischio esondazione.

Risi Giuseppe
Presidente Sezione di San Giovanni in Persiceto
Federazione Italiana della Caccia 

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