Mafia. Sequestrati 105 appartamenti e beni per 46 milioni di euro

Tredici società, con sede in provincia di Latina, Napoli, Caserta e Bologna, operanti nel settore delle costruzioni di edifici, nel commercio di porcellana, di autoveicoli, nel settore dell’intermediazione immobiliare e alberghiero e della ristorazione, 105 immobili in provincia di Latina, Napoli, Caserta, Ferrara e Bologna, 23 auto/motoveicoli, tra cui 3 autovetture d’epoca e numerosi rapporti bancari/postali/assicurativi/azioni, per un valore complessivo di 46.845.000 euro sono stati confiscati dai Finanzieri del comando provinciale di Roma ai fratelli Domenico e Giovanni Dell’Aquila, appartenenti al noto clan camorrista Mallardo, ed a Vittorio Emanuele Dell’Aquila e Salvatore Cicatelli, rispettivamente figlio e fiduciario di Giovanni Dell’Aquila, per conto del quale avevano costituito una cellula economica, operante, prevalentemente, nel territorio del basso Lazio.

La confisca, disposta dal Tribunale di Latina-Sezione penale, interviene a distanza di circa un anno dal sequestro eseguito nell’ambito di un procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale e personale nei confronti dei citati fratelli Dell’Aquila. Le indagini del Gico (Gruppo investigazione criminalità organizzata) del Nucleo di Polizia tributaria di Roma, avviate nel 2012 e coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, hanno consentito di accertare la costante ed inarrestabile ascesa, nella provincia di Latina, Napoli e, in parte, in Emilia Romagna, dei fratelli Dell’Aquila, noti imprenditori campani, attraverso rapporti dai reciproci vantaggi con esponenti di spicco del noto clan Mallardo.

La feroce operatività del clan è stata nel tempo orientata – attraverso il controllo economico e i considerevoli reinvestimenti dei proventi delle attività criminali – al finanziamento del traffico di stupefacenti ed al controllo delle attività economiche di rilievo (edilizia, appalti e forniture pubbliche, commercio all’ingrosso).

Non più limitandosi al territorio d’origine, il clan – ormai da tempo – aveva esteso la propria sfera d’azione anche in altre regioni dell’Italia centrale e meridionale ed, in particolare, nel Lazio, regione in cui opera da oltre un lustro. In tal senso, emblematica è la definizione accademica dell’impresa camorrista resa da un noto pentito rispetto al modo di fare impresa del clan Mallardo: non imporre il pizzo estorsivo ma far entrare di fatto persone di fiducia del clan in società con gli imprenditori, di modo che questi ultimi diano una parvenza di liceità all’attività economica, mentre i camorristi partecipano direttamente ai guadagni e riescono a reimpiegare i proventi derivanti da altre attività illecite.

Il provvedimento del Tribunale di Latina, a firma di Pierfrancesco De Angelis, conferma la solidità dell’impianto accusatorio formulato dalla Dda capitolina, sia per quanto concerne la pericolosità sociale di Domenico, Giovanni e Vittorio Emanuele Dell’Aquila, ai quali è stata applicata la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno nel comune di loro residenza, per la durata di 5 anni, che in relazione alla macroscopica sproporzione tra il patrimonio mobiliare, immobiliare e societario ai medesimi riconducibile e la rispettiva situazione reddituale dichiarata al fisco, ordinando la confisca di tutti i beni individuati. Le operazioni di polizia hanno comportato l’impiego di oltre 100 finanzieri nel Lazio, in Campania ed Emilia Romagna.

(fonte Agenzia Dire – www.dire.it)

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