L’ANTICA OSTERIA DEL MIRASOLE SEMPRE AL TOP – Intervista a Franco Cimini

Per il terzo anno consecutivo il Gambero Rosso vi ha conferito i famosi “3 Gamberi”

<< Li riteniamo meritati in quanto premiano non solo noi ma il lavoro di una famiglia intera, a conferma che il nostro territorio ha veramente tanto da raccontare. Siamo felici di questi premi della critica che riteniamo la giusta ricompensa al duro lavoro, tenendo sempre la barra dritta sull’obiettivo, che è accontentare il cliente quotidianamente e sistematicamente.

Ci siamo resi conto che la qualità dei prodotti e la possibilità di averli a km zero (dall’azienda di famiglia al ristorante sono 900 metri…) sono il valore aggiunto. Dopo anni se ne è accorta anche la critica e quindi stiamo raccogliendo orgogliosamente successi. Il futuro passa attraverso la tradizione: in Italia e nel mondo si valorizzano prodotti che noi emiliani diamo per scontati, abbiamo un territorio unico e chi ha saputo valorizzarlo meglio è, guarda caso, chi non ha la fortuna di avere questo patrimonio. Me ne rendo conto ogni volta che mi confronto con persone lontane dal nostro territorio. Persiceto, in questo senso, ha il dovere di fare di più! Chiedo da tempo alla vecchia e alla nuova giunta comunale incontri per discutere di come valorizzare il nostro patrimonio: ad esempio, parlando del “Pesco” che ci contraddistingue, da anni non abbiamo più una pesca autoctona (sono rimasti tre produttori che non le coltivano per la vendita, ma le tengono orgogliosamente per sé) perché poco appetibile per il mercato a livello estetico, ma di un gusto e sapore inenarrabili. Oppure il melone e cocomero di San Matteo della Decima, sui quali si è deciso di puntare più sulla quantità, mentre altri comuni come Gavello hanno puntato sulla qualità, selezionando varietà presenti anche da noi ma scegliendo di produrre meno e meglio, e valorizzandolo di più sul mercato.

Abbiamo un patrimonio eno-gastronomico, a livello sia genetico che culturale, che può diventare un patrimonio anche economico dando una opportunità ai giovani, capaci di valorizzarlo grazie alle loro competenze tecnologiche e freschezza di vedute, proiettandosi nel mondo attraverso il web. Fidatevi dei giovani.>>

Quale è stato il complimento più bello che hai ricevuto in tanti anni di onorata carriera?

<<Sicuramente l’ho ricevuto da Edoardo Raspelli, noto critico gastronomico, ritenuto da molti la persona più “capace” legata al nostro mondo. Pranzò da noi e scrisse “Mi sono preso un respiro di terra padana, rivivendo le atmosfere e le esperienze di Cantarelli (la più famosa trattoria della storia italiana)”. Ha colto a pieno ciò che vogliamo trasmettere, cioè il calore di una trattoria emiliana.>>

E invece la critica che ancora ti fa male?

<<Quella che è tutt’oggi in corso, quotidianamente, cioè quella riguardo i prezzi: veniamo etichettati come “cari” anche dai nostri amati concittadini. Non va mai disgiunta la qualità dal prezzo, sono due concetti inseparabili; ciò che è buono e fatto bene è inevitabilmente più caro. Capiamo bene la differenza di prezzo e di valore tra una Ferrari e una Fiat, ma fatichiamo a concepirla riguardo un prodotto gastronomico artigianale fatto con amore. Un Parmigiano con 24 mesi di stagionatura non può costare come uno stracchino fatto in giornata. Ci fa male perché è una critica fatta in rapporto a ciò che il cliente ha in quel momento nel portafoglio e non a ciò che sta mangiando.>>

Il mondo della cucina è entrato prepotentemente nelle nostre case, soprattutto attraverso i Talent Show, dando una visione falsata della reale carriera di uno chef. Che consiglio vuoi dare a un giovane che si approccia oggi al mondo della ristorazione?

<<Giro il consiglio di Mario Uliassi, uno dei pochi chef assieme a Bottura che non va in televisione: “Partite dalla cultura”. Ricevo quotidianamente curricula di ragazzi ventenni che si definiscono “chef”, parola che letteralmente significa “capo”; per essere Chef occorre innanzitutto l’autorità, che per quanto bravo tu sia non ti verrà mai riconosciuta a 23 anni da persone che hanno magari venti o trent’anni di esperienza in più di te, anche se riconoscono il tuo talento. Il saper fare un buon piatto non è sufficiente, Chef è colui che fa funzionare una cucina e una attività, occupandosi ad esempio anche degli acquisti e della qualità della materia prima, oppure analizzando i costi e la redditività dell’azienda. Il Talent è comunque servito tanto alla cucina: noi cuochi vivevamo il locali angusti e bui, entravamo dalla porta posteriore, ora siamo protagonisti.>>

Luca Frabetti

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