Guerra Russia-Ucraina, ripercussioni sull’agricoltura bolognese

C’è grande preoccupazione tra gli agricoltori e allevatori bolognesi per le gravi ripercussioni economiche e sociali destinate a scaturire dall’invasione della Russia ai danni dell’Ucraina. Pesano le incognite sull’export di prodotti agroalimentari verso i due Paesi in conflitto, così come l’ulteriore impennata nei prezzi dell’energia e del gasolio, delle commodity necessarie per la zootecnia come il mais prodotto in Ucraina, dei fertilizzanti e dei concimi. Senza dimenticare gli effetti di decisioni politiche che minano gli scambi commerciali, come il divieto da parte della Russia di esportare fosfato di ammonio e altri elementi alla base dei fertilizzanti utilizzati in agricoltura. Ma c’è anche il destino di tante famiglie di operai agricoli ucraini, impegnati nei campi e nelle stalle del Bolognese, a destare grande sconcerto nel mondo agricolo locale.
“Le immagini di guerra che arrivano dall’Ucraina sono drammatiche, mai avremmo pensato di assistere a questa tragedia proprio nella nostra Europa – commenta Guglielmo Garagnani, presidente di Confagricoltura Bologna – Tanti imprenditori agricoli bolognesi, io per primo, possono contare sul contributo di lavoratori ucraini all’interno delle proprie aziende, quindi stanno toccando con mano il dramma, la paura e la disperazione che vivono queste persone e le loro famiglie, alle quali stiamo fornendo tutto il supporto necessario. Questo conflitto – aggiunge Garagnani – sta inoltre generando gravi ripercussioni economiche anche per l’economia bolognese, come testimoniato da più parti. L’agricoltura locale non è certo esente dagli effetti nefasti dell’invasione russa in Ucraina. L’alto costo dell’energia e delle materie prime, che già ha messo in ginocchio il nostro mondo negli ultimi mesi, sta subendo ulteriori e insostenibili aumenti. Le restrizioni all’export, ma ancora di più i limiti e i problemi alle importazioni di materie prime da Russia e Ucraina, rischiano di portarci sul baratro. La spirale inflattiva non potrà che aumentare ulteriormente, a livelli fuori controllo sia per le aziende agricole, che per gli stessi cittadini che vedranno pesantemente indebolito il loro potere d’acquisto per fare fronte a questi aumenti nella spesa di tutti i giorni. Serve un piano di emergenza straordinario per il settore agroalimentare, che sia coordinato a livello europeo e finalizzato ad assicurare le nostre produzioni, perché in queste condizioni non è possibile proseguire”, chiosa Garagnani sottolineando come “quello primario è un settore strategico, in quanto garantisce il sostentamento alimentare della popolazione; non possiamo permetterci di ridimensionarlo drasticamente”.
Dall’osservatorio di Confagricoltura Bologna, sono numerosi i comparti del mondo agricolo locale che subiranno pesanti conseguenze da questo conflitto.
“Quanto sta accadendo nelle ultime settimane ha davvero dell’incredibile, in quanto, oltre all’aumento del costo energetico, si nota una crescita di tutti i materiali necessari per gli imballaggi dei nostri prodotti come il cartone, la plastica per le vaschette o le stesse cassette”, commenta Piergiorgio Lenzarini, presidente della Sezione Ortofrutta di Confagricoltura Bologna. Per quanto riguarda l’energia elettrica, aggiunge Lenzarini, “si è passati da 5-10 centesimi di euro a kilowatt dello scorso anno agli attuali 20-25. Per le aziende che consumano molta energia elettrica, questa situazione rischia di diventare un salasso. L’elettricità che consumiamo è infatti tanta – spiega Lenzarini – perché ci permette di conservare ottimamente nei frigoriferi tutta la frutta raccolta nei mesi autunnali. Nel caso della mia azienda, la Società Agricola Enea di Crespellano, utilizziamo molta energia elettrica anche per l’irrigazione. Nello scorso anno abbiamo speso circa 10 mila euro per un consumo concentrato su 4 mesi. Nel 2022 credo che il costo salirà fino a oltre 25.000 euro”.
Anche Gabriele Ghedini, presidente della Sezione Allevamenti di Confagricoltura Bologna, è molto preoccupato “perché – conferma – l’aumento delle materie prime e dell’energia elettrica ha raggiunto in molti casi anche il 100% rispetto allo scorso anno, ed è destinato a crescere ancora. La nostra realtà del Caseificio Bazzanese a Bazzano di Valsamoggia, che lavora 40.000 quintali di latte all’anno e produce Parmigiano Reggiano, sta registrando aumenti dell’80% nel gasolio rispetto al periodo Covid e del 50% in confronto al 2019”.
A preoccupare ci sono infine anche il costo del metano e il blocco all’export da parte della Russia di prodotti fondamentali per i fertilizzanti derivati, come il fosfato di ammonio.
“Il costo del metano è cresciuto di 5 volte: siamo passati dal pagare 30.000 euro a 150.000 a ottobre dello scorso anno”, commenta GianlucaPettazzoni, amministratore delegato dell’Albo Società Agricola di San Pietro in Casale, aderente a Confagricoltura Bologna. “Le nostre coltivazioni, inoltre, comprendono, oltre all’erba medica, anche un 20 per cento di mais e grano. Ecco, il costo dei concimi, come l’urea e i fosfati a lunga tenuta, è aumentato in maniera esponenziale, quasi del 40%, e con questa situazione dovuta al conflitto la situazione non potrà che peggiorare. Se si aggiungono anche l’impennata dei costi dovuti al trasporto dei prodotti – spiega Petazzoni – e la difficoltà a trovare lavoratori disponibili, il quadro rischia di diventare sempre più preoccupante. È necessario che lo Stato intervenga in qualche modo, riducendo ad esempio la pressione fiscale sui prodotti o sui trasporti, per cercare di supportarci. Negli altri Paesi si stanno già adoperando, noi ancora no. Bisogna capire che il settore agricolo è allo stremo e rappresenta un asset strategico perché noi sfamiamo la popolazione”.

Daniele Mattioli
Ufficio Stampa Confagricoltura Bologna

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